Mio fratello ha votato nazi. Che fare? 10 do e 10 don’t della de-escalazione
- Enrico Fonte
- 17 ott
- Tempo di lettura: 6 min

Prima di chiedersi come parlare con una persona che sostiene idee naziste, vale la pena fermarsi un momento e domandarsi: perché qualcuno arriva fin lì? Non per giustificare, ma per capire.
Capire è l’unico modo per non reagire solo con rabbia, ma con lucidità e responsabilità. Perché dietro ogni ideologia di odio c’è quasi sempre una storia di paura, perdita o bisogno non riconosciuto.
Quando l’animale interiore prende il sopravvento
Nella BodyMind Therapy si parla spesso dell’animale interiore: la parte istintiva che reagisce per sopravvivere. Vive nei centri più antichi del cervello e nel corpo. Quando si sente minacciat@, non ragiona: attacca, fugge o si irrigidisce.
Questa energia non è “cattiva”: è la nostra forza primordiale, quella che ci protegge. Ma quando resta attivata troppo a lungo, la paura si trasforma in aggressione.
Molte ideologie estremiste nascono proprio da qui: da un animale interiore spaventato, che cerca sicurezza in un branco che promette protezione.
Le neuroscienze mostrano che in condizioni di stress o incertezza il cervello riduce la sua capacità di empatia e di pensiero complesso. L’amigdala, centro della paura, domina, mentre la corteccia prefrontale — la sede della riflessione — rallenta. In parole semplici: quando ci sentiamo in pericolo, smettiamo di pensare con calma e iniziamo a pensare per sopravvivere.
Chi aderisce a un gruppo estremista trova così una spiegazione al proprio disagio: “non sono io il problema, sono loro”. È il linguaggio dell’animale ferito, la paura che si traveste da forza.
Il bambino interiore e la fame di appartenenza
Accanto all’animale interiore, la BodyMind Therapy riconosce il bambino interiore: la parte emotiva, vulnerabile, affamata di amore, riconoscimento e appartenenza.Anche le persone più dure portano dentro un bambino che vuole essere visto, protetto e accolto.
Molti ex-nazisti raccontano che, prima dell’ideologia, c’è stata la solitudine: il sentirsi esclusi, umiliati o insignificanti. Il gruppo, con i suoi rituali e simboli, arriva come una nuova famiglia. Ti chiama “fratello”, ti dà un posto, un ruolo, un senso.
E il bambino interiore — che finalmente si sente parte di qualcosa — si rilassa, anche se l’amore che riceve è condizionato e violento.Da fuori vediamo solo la rabbia; da dentro, c’è un bisogno d’amore travestito da ideologia.
Quando l’animale e il bambino si incontrano nella paura
L’ideologia estremista spesso nasce proprio dove queste due forze si incrociano. L’animale interiore cerca sicurezza; il bambino interiore cerca appartenenza.
Insieme creano un legame potente: “se sto con il mio branco, sarò al sicuro e amato”.È un meccanismo corporeo: l’adrenalina dà senso di potenza, la vicinanza del gruppo libera ossitocina, e il cervello interpreta tutto questo come appartenenza e identità.
Ma quando questa appartenenza si fonda sull’esclusione, la stessa energia che nasce per proteggere diventa distruttiva. L’odio è solo paura organizzata.
La persona che osserva e si sconvolge
Chi guarda da fuori, chi si sente sconvolto dal vicino o dal fratello che vota nazi, entra in una propria dinamica archetipica. L’animale interiore reagisce con paura o rabbia: “come può pensare cose simili?”. Il bambino interiore si sente tradito, spaventato, impotente: “il mondo non è più sicuro”.
In questi casi il bambino interiore è altrettanto sconvolto e l’animale interiore è altrettanto spaventato dal fratello nazi. È importante riconoscere che entrambe queste parti — in chi osserva — hanno bisogno di sicurezza e di significato tanto quanto in chi ha scelto l’ideologia.
Darsi autoempatia significa accogliere il proprio smarrimento senza giudizio, sentire la paura nel corpo, riconoscerla come un segnale di valore e non di debolezza. Allo stesso tempo, è fondamentale cercare empatia in persone che condividono lo stesso mondo valoriale, che permettano di metabolizzare le emozioni senza trasformarle in aggressione.Vomitare paura o rabbia addosso al familiare che diverge non guarisce la frattura, la irrigidisce.
Il corpo entra nella stessa fisiologia del conflitto: muscoli tesi, battito accelerato, respiro corto. È naturale, ma rischia di alimentare la stessa energia di separazione. Solo riconoscendo dentro di noi l’animale che teme e il bambino che soffre possiamo restare centrati e non reagire impulsivamente. È il primo passo per parlare invece di combattere.
Identità, paura e bisogno di senso
Le scienze sociali mostrano che l’adesione a ideologie rigide nasce spesso nei momenti di disorientamento e perdita di status. Quando una persona non sa più chi è, un gruppo che offre identità e regole diventa irresistibile. È la logica del “noi contro loro”: il mondo si semplifica, il caos scompare.
La Teoria dell’Identità Sociale di Henri Tajfel spiega che il senso di valore personale si costruisce attraverso l’appartenenza a un gruppo percepito come “superiore”. Il gruppo estremista diventa così una protesi dell’autostima ferita. L’odio verso l’altro serve a nutrire un senso di importanza che, senza quella struttura, rischierebbe di crollare.
La BodyMind Therapy lo interpreta in chiave integrata: l’ideologia estrema non nasce solo nella mente, ma in un corpo che ha perso sicurezza e connessione. Quando il sistema nervoso vive troppo a lungo nella minaccia, la persona cerca un appiglio che restituisca senso e coerenza — anche se tossico.
Capire non è giustificare
Capire non significa accettare o minimizzare. Significa riconoscere che l’odio non nasce nel vuoto, ma cresce dove paura e bisogno di appartenenza non trovano altri spazi. Ogni dialogo possibile parte dal corpo e dall’ascolto: il corpo di chi parla e quello di chi ascolta.
Ogni volta che reagiamo con disprezzo, attiviamo l’animale difensivo dell’altr@. Ogni volta che restiamo centrati e umani, diamo una possibilità al suo bambino interiore di sentire — anche solo per un istante — che non serve un nemico per esistere.
Dal giudizio al contatto
Il cambiamento non inizia quando qualcuno perde una discussione, ma quando qualcosa dentro di sé sente che può esistere senza paura.
Per questo è essenziale non giudicare, ma comprendere. L’obiettivo non è convincere, ma creare spazio.
La maschera della de-escalazione nella BodyMind Therapy
Nella BodyMind Therapy la maschera è una postura psico-corporea consapevole, non una finzione. Serve a mantenere presenza e regolazione anche quando l’ambiente o l’interlocutorə attivano parti vulnerabili o aggressive. È un modo di essere “in scena” restando autentici, ma senza cadere nel caos emozionale.
Allenare una maschera richiede tempo e attenzione somatica. Prima di affrontare conversazioni difficili, è utile esercitarsi con interlocutorə più neutri.
Nel dialogo con un familiare che dichiara di voler votare un partito neonazista, si lavora sulla maschera della de-escalazione: una presenza calma, curiosa, non reattiva. Corpo morbido, respiro regolare, sguardo disponibile. Così la mente resta lucida e il legame non si rompe.
Come parlare con mio fratello che vuole votare un partito neonazista: cosa dire e cosa non dire
Crea un contatto umano, non politico.
“Ok, spiegami cosa ti convince di loro, voglio capire cosa vedi che io non vedo.” Non dire:
“Ma sei impazzito? Hai idea di cosa hanno fatto i nazisti?”
Rifletti i sentimenti dietro la rabbia.
“Sembra che tu ti senta messo da parte, come se nessuno ascoltasse davvero la gente comune.”
Non dire:
“Ah ecco, ti sei fatto fregare anche tu da quei populisti da bar.”
Mantieni calma e corpo aperto.
“Parliamone, senza fretta. Mi interessa davvero.”
Non dire:
“Guarda, non ce la faccio nemmeno a sentirti.”
Fai domande curiose, non trappole logiche.
“Cosa ti fa pensare che quel partito possa davvero migliorare la tua vita?”
Non dire:
“Hai letto il loro programma o ti limiti ai meme su Facebook?”
Usa storie, non accuse.
“Ho conosciuto una persona che la pensava così, poi ha capito che si stava chiudendo nel rancore.”
Non dire:
“Sei come quei fanatici da raduno.”
Mostra i tuoi limiti con rispetto.
“Quando sento certi discorsi mi si stringe lo stomaco, perché mi ricorda la nostra storia di famiglia.”
Non dire:
“Se continui così, vergognati di essere mio fratello.”
Proponi esperienze reali, non sermoni morali.
“C’è un evento dove lavorano insieme rifugiatɜ e italianɜ, mi piacerebbe andarci con te.”
Non dire:
“Dovresti solo uscire dalla tua bolla ignorante.”
Riconosci i micro-segni di apertura.
“Mi fa piacere che tu ne stia parlando senza arrabbiarti.”
Non dire:
“Vedi? Finalmente ragioni come una persona normale.”
Coinvolgi persone calme, non alleati di scontro.
“Forse potremmo parlarne anche con zio, che ha studiato storia, ma senza litigare.”Non dire:
“Appena lo sa papà, ti mette in riga lui.”
Accetta che cambiare idea richiede tempo.
“Non pretendo che tu cambi subito, mi basta sapere che possiamo parlarne.”
Non dire:
“Non esiste più dialogo con te, punto.”
Cose da non fare in sintesi
Non alzare la voce.
Non ridicolizzare.
Non svergognare pubblicamente.
Non usare il passato familiare come arma.
Non correggere ogni dettaglio.
Non chiudere la conversazione bruscamente.
Non dire “non parliamone più”.
Non coinvolgere la rabbia di altri.
Non usare il senso di colpa.
Non trattarlo come un caso perso.
Conclusione
Parlare con un familiare attratto da ideologie neonaziste non è un atto di conversione, ma di regolazione. La maschera della de-escalazione serve a restare centrati quando il corpo vorrebbe reagire: respirare, sentire i piedi, lasciare che la voce resti calda e stabile.
La sicurezza emotiva apre varchi dove la logica non entra. La calma, la curiosità e il rispetto non legittimano l’odio: lo disinnescano.
Note e riferimenti
Porges, S. W. (2011). The Polyvagal Theory: Neurophysiological Foundations of Emotions, Attachment, Communication, and Self-Regulation. Norton.
LeDoux, J. (2015). Anxious: Using the Brain to Understand and Treat Fear and Anxiety. Viking.
Tajfel, H., & Turner, J. C. (1979). An Integrative Theory of Intergroup Conflict. In: Austin, W. G. & Worchel, S. (Hrsg.), The Social Psychology of Intergroup Relations. Brooks/Cole.
Sapolsky, R. M. (2017). Behave: The Biology of Humans at Our Best and Worst. Penguin Press.
Payne, H., & St. Clair, M. (2020). BodyMind Approaches to Psychotherapy. Routledge.
Siegel, D. J. (2020). The Developing Mind: How Relationships and the Brain Interact to Shape Who We Are. Guilford Press.
Kauffman, C. (2022). Compassionate Conversations: How to Speak and Listen from the Heart. North Atlantic Books.