Come il rilascio articolare e lo stretching profondo possono sciogliere i blocchi psicosomatici
- Enrico Fonte
- 2 giu
- Tempo di lettura: 3 min

Nel sistema di Bodymind Therapy, il corpo non viene mai considerato separato dall’esperienza psichica. Questo approccio diventa particolarmente evidente quando si lavora con rigidità articolari o tensioni muscolari. Quello che può sembrare un semplice problema fisico – come una scarsa mobilità dell’anca o una contrattura cronica alla spalla – è spesso l’espressione di schemi psichici profondamente radicati. Il corpo ricorda, protegge, trattiene. E lo fa attraverso la tensione, l’immobilità o la chiusura.
Al centro di questa visione ci sono le cosiddette funzioni psicosomatiche – competenze fondamentali che si sviluppano nei primi anni di vita e che collegano la percezione corporea, l’autoregolazione emotiva e la capacità di entrare in relazione. Se, durante la crescita, queste capacità non si sono potute sviluppare pienamente o sono state interrotte, il corpo tende a trattenere – soprattutto a livello articolare – creando tensioni croniche o perdita di tono.
Uno dei segnali più evidenti è la rigidità: una risposta del sistema che cerca di mantenere il controllo o la sicurezza attraverso l’irrigidimento. Ma può manifestarsi anche in forma ipotonica, con debolezza, instabilità o crollo energetico.
Il corpo che si difende
Una delle capacità psicosomatiche più importanti è quella legata alla difesa e alla protezione. Quando una persona si sente minacciata, ferita o ha imparato presto che certi impulsi o emozioni non erano accettabili, il corpo si irrigidisce per proteggersi. Questo si manifesta spesso con tensioni croniche nelle spalle, nelle ginocchia o nella mandibola. La contrazione muscolare in questi casi non serve al movimento, ma alla sopravvivenza emotiva: “Non posso mollare, potrei soffrire”.
Il proprio spazio vitale
Un’altra funzione fondamentale è quella dei confini. Il corpo ha bisogno di percepire e mantenere un confine per distinguere sé dall’altro. Chi fatica a dire di no, chi si perde nelle relazioni o vive un continuo oscillare tra distanza e fusione, spesso presenta tensioni nei gomiti, nelle braccia o nelle ginocchia – aree simbolicamente legate al creare distanza, al "tenere fuori". Un tono troppo alto può indicare rigidità relazionale, mentre un tono troppo basso suggerisce difficoltà a difendere il proprio spazio.
Restare in sé
La funzione della centratura permette di sentirsi presenti, radicatə, capaci di sentire e agire dal proprio centro. Quando questa capacità è fragile, si osserva spesso una tensione eccessiva nella zona pelvica, nella colonna lombare o nei muscoli profondi come lo psoas. Questo rende difficile accedere al proprio vissuto emotivo, e spesso si accompagna a paura del contatto con sé stessə o a una sensazione di “non esserci davvero”.
Aprirsi al legame
Anche la capacità di entrare in relazione ha delle manifestazioni corporee. Chi teme l’intimità, chi ha vissuto esperienze di fusione non sicura o intrusive, tende a irrigidire la parte anteriore del torace – in particolare lo sterno o la colonna dorsale. Il cuore viene “chiuso” e protetto. Il respiro si fa più corto, il contatto emotivo si riduce. La tensione diventa così una barriera contro il sentire troppo.
Il potere del rilascio e dello stretching
In questo contesto, il rilascio articolare passivo e lo stretching profondo diventano strumenti potenti per accedere e trasformare questi schemi. Non si tratta solo di sciogliere tensioni, ma di aprire lo spazio per nuove esperienze corporee ed emotive. Quando un’articolazione viene accompagnata ad aprirsi, lentamente e con presenza, si crea una possibilità: quella di sentire qualcosa di nuovo. Qualcosa che prima era congelato, trattenuto o evitato.
Ad esempio, il rilascio dello psoas può riportare in superficie temi legati all’autonomia, al bisogno di controllo o alla volontà negata. Allentare la tensione nei gomiti può risvegliare la capacità di dire “no”, di creare una distanza sana.
Questa pratica va sempre accompagnata da presenza, rispetto e ascolto. Ogni rilascio può riattivare anche vissuti emotivi vulnerabili. Per questo è essenziale accompagnare con lentezza, con il respiro, con parole che aiutano a dare senso a ciò che il corpo racconta. In Bodymind Therapy non si cerca mai la prestazione del movimento, ma l’integrazione di ciò che è vivo.
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